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Festival Cinema Venezia 2009: recensioni film, interviste

 
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Fatih Akin e Capotondi, ruggiti da Leone?

di Boris Sollazzo

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10 settembre 2009

Siamo agli sgoccioli di una Venezia altalenante e fondamentalmente sottotono, ma come spesso accade gli ultimi giorni regalano le chicche più gustose. E così la spedizione italiana, finora sotto la sufficienza, si risolleva con l'esordiente Capotondi e il suo thriller La doppia ora, mentre Fatih Akin, strappato a Cannes, con il suo Soul Kitchen regala risate e ottimo cinema. E parte il TotoLeone: i più informati scommettono su Margherita Buy migliore attrice e su Solondz (Life during wartime) e Hausner (Lourdes) come favoriti per la vittoria finale. Incombe la sorpresa Michael Moore, se gli "anarchici" della giuria (Ligabue e Dante in testa) dovessero convincere i compagni d'avventura a dare un premio politico come già avvenne a Cannes con Fahreneit 9/11 premiato da Quentin Tarantino. La doppia ora merita un riconoscimento per la sceneggiatura e molto probabilmente non uscirà a mani vuote l'israeliano Lebanon (miglior regia?). A sabato l'ardua sentenza.

La doppia ora- Concorso
Dopo Michele Placido che ha diviso la critica come non avrebbe voluto (voleva il consenso dei giovani, si è ritrovato quello delle generazioni coetanee e limitrofe, nostalgia canaglia), tutte le speranze del cinema italiano che da anni esce con premi di consolazione dalla Mostra di Venezia, si erano riversate sull'esordiente alla regia Giuseppe Capotondi, 41enne che di set ne ha calcati tanti (video, spot e cinema) e che di mestiere ne ha parecchio. E La doppia ora è uno di quei film di genere, puliti e sicuri, come raramente se ne vedono nell'Italia ossessionata dall'autorialismo. La sceneggiatura è un Premio Solinas, il regista sa come e dove usare la macchina da presa, Filippo Timi e Ksenia Rappoport una coppia con un'ottima chimica. Un meccanismo ad orologeria, (che si riferisce a un gioco del protagonista: a ogni ora doppia, come 14.14, 20.20 o 23.23, che sono le tre combinazioni del film, si deve esprimere un desiderio o, come dimostra la pellicola, cambiare vita), che ci offre un buon film senza sbavature. Abbastanza per essere felici di quest'esordio e confidare in una bella carriera che magari riempia i vuoti di un cinema italiano che al genere riserva le ultime file (e in questo senso il direttore Müller sembra aver imparato la lezione di Giornate degli Autori e Sic, ben appresa già in passato sui film stranieri) e per sperare in un premio meritato. Dispiace, però, che la storia di questa ragazza slovena e di un uomo solo (guardiano che ricorda il David Lynch voyeur) sembri un bel compito perfettamente portato a termine senza però guizzi che gli facciano fare un ulteriore salto di qualità. Vero, forse vogliamo troppo e un bravo regista si vede anche da come, quando e se sa fermarsi. Ma qui l'impressione è che margine ce ne fosse.
Voto: 6 ½

Soul kitchen- Concorso
I malevoli parlavano di questo gioiello, di questo piccolo capolavoro di comicità e regia, di intrattenimento e acume, come di uno scarto di Cannes. Se così fosse, aver compilato l'album di figurine in Costa Azzurra non è stata una mossa geniale (e infatti l'avevamo già sottolineato). Fatih Akin torna ai tempi degli esordi, quando undici anni fa faceva impazzire e ridere Locarno con Kurz und Schmerzlos, e riscopre il suo talento nella commedia, persosi negli ultimi anni in cui i suoi virtuosismi di regia avevano preso il sopravvento. Tra i migliori autori e occhi da cinema del cinema moderno, ha un intuito per storie e narrazione che sta riscoprendo (suo è La sposa turca) e Soul Kitchen è un'allegra affermazione della volontà di tornare se stesso, senza tradire il suo grande talento. Un ristoratore greco (lo è davvero, ad Amburgo è famosissimo, è Adam Bousdoukos, strepitoso anche come ristor-attore) che va avanti a fritture insane, scongelamenti molesti e igiene improbabile, vive le montagne russe del lavoro e della vita grazie alla compagnia di giro che gli ronza intorno. La ragazza snob che va a fare l'inviata a Shangai (Phelin Roggan), un amico che incontra per caso e sarà causa della sua rovina e della sua rinascita, il fratello scassinatore e in via di problematica redenzione (il divo Moritz Bleibtreu, sempre più bravo e completo), la sua cameriera-pittrice (Anna Bederke, allieva di cinema nella classe di Akin e aspirante regista, dallo charme e dalla bellezza unici), una fisioterapista sui generis (Dorka Gryllus). E tanti caratteristi da urlo (li scoprirete presto, il film è BIM e a inizio 2010 sarà in Italia) come il vecchio marinaio, l'inflessibile ispettrice del fisco, lo chef tutto genio e sregolatezza che porta la luce e il buon gusto nella cucina e nella vita del protagonista. Adam è un perdente di successo e un vincente sfortunato, il suo "grosso grasso patrimonio greco" viene messo su e dilapidato con altrettanta facilità, riprende per i capelli vita e sogni grazie a quel suo modo di prendere di petto, pardon di pancia, la vita. Qui tutto è perfetto: gli attori, il locale, la fotografia, la musica, tutto gira attorno a un regista che mostra come la commedia possa offrire spunti visivi e narrativi come e più degli altri generi cinematografici. Faticherete a smettere di ridere. Film così non ti saziano mai...
Voto: 8 ½

10 settembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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